Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘società’

Ragionare da persona intelligente con una persona ottusa equivale a mettersi in affari o in società, da benestante medio e illuminato, con un morto di fame: sarà sempre il morto di fame a dettarti le sue condizioni capestro, così come l’ottuso a importi i suoi non-ragionamenti.

Per ottuso si intende qui il tipo superbamente adéso alla pochezza dei propri argomenti e minimamente capace di agganciare quelli altrui né di immaginarne di alternativi.

Per morto di fame non si intende invece – si badi bene – il povero o l’indigente che vivano con dignità (e con la giusta indignazione e la giusta fame di giustizia e di riscatto) la propria condizione, bensì quella categoria mentale oggigiorno numerosa di micro-borghesi impoveriti che vivono di espedienti micragnosi pur di conservare una parvenza del loro status di beneficiari della traballante società dei consumi. Quelli, per capirci, che vagano come anime in pena tra discount e outlet a caccia di superofferte e di ultraribassi; quelli che pretendono di farsi una vacanza in montagna a bassissimo costo o che non pagano le rate del condominio per onorare quelle dell’auto a metano di ultimo tipo. I fanatici del fai da te. Quelli che speculano sul centesimo. Quelli che per non spendere un euro di parcheggio vicino alla destinazione lasciano la macchina a quattro chilometri di distanza e se la fanno a piedi sotto il sole di luglio. Quelli che cercano gratis libri scolastici usati da parenti e amici ma non fanno mancare ai loro figli lo smartphone o la playstation di ultima generazione…

Read Full Post »

Risultati immagini per aforismi

Ben strana (ed italica) declinazione del contraddittorio, ben patologica versione dell’antico (e sofistico) disputare in utramque partem, quella secondo la quale per parlare oggettivamente di vampirismo bisogna invitare al dibattito un vampiro.

La simpatica galleria dei tipi più carismatici della politica italiana degli ultimi cent’anni conferma – a distanza di secoli dagli orfici e da Pitagora – l’antica teoria della metempsicosi.

Laddove sono passate le belve presto calano gli avvoltoi.

Repuerascit qui non crescit [Chi non cresce giocoforza rimbambinisce]

Read Full Post »

   

Chi fa letteratura non può che parlare di se stesso. Non ha altra fonte cui abbeverarsi o altro albero da cui nutrirsi se non quelli del proprio vissuto. Vale a dire l’immagine dell’uomo e della realtà che le lenti deformate della sua coscienza e della sua esperienza gli permettono di osservare. E tuttavia, quando maneggia letterariamente se stesso, l’autore deve farlo con la massima cura. Guardare e non toccare. Non farsene toccare. Osservarlo come attraverso un vetro infrangibile, dentro una teca o sotto l’occhio spesso del microscopio o del binocolo, come si trattasse dell’io e della vita di un altro. Oggettivarlo. Fatica ingrata e crudele. Ma indispensabile per creare qualcosa di buono.

La stessa legge vale per i grandi temi che emotivamente, istintivamente – come esseri umani – ci (scrittori e lettori) coinvolgono: la vita e la morte, il tempo e l’eternità, l’amore e l’odio, il bene e il male. Guai a trattarli troppo scopertamente. Senza nasconderli. Senza distanziarne adeguatamente – foscolianamente – la fiamma. Senza dissimularli dietro un disviante, torturante ‘parlar d’altro’.

Ma una volta fatto salvo questo presupposto irrinunciabile di straniamento e/o di allegoria – cioè d’apparente, astuta, disinvolta esibizione di distanza/estraneità rispetto a ciò che invece più ci sta a cuore – non c’è opera letteraria di qualche peso che non parli sostanzialmente di: vita, morte, odio, amore, bene, male ecc. Come non c’è autore che non parli, sotto qualsiasi forma, di se stesso.

Quando – per esempio – Giovanni Verga narra di Rosso Malpelo o dei contadini rivoltosi di Libertà, sembra prestare la sua arte a una funzione eminentemente storico/documentaria della Sicilia del tempo. In realtà la sottomette soprattutto all’urgenza di esprimere la sua propria (e tragica, e metastorica e, direi quasi, naturalistica) visione della società umana.

 

Read Full Post »

Nel mito delle età degli Erga, Esiodo dice – a proposito della stirpe dell’età argentea- che essa non era rispetto alla precedente stirpe dell’oro

né per l’aspetto simile né per la mente,

ché per cent’anni il fanciullo presso la madre sua saggia

veniva allevato, giocoso e stolto, dentro la casa…

Fanciullaggine e immaturità degli individui non arriveranno forse oggigiorno a toccare la vecchiaia, come nel mito esiodeo. Ma è indubbio che la società del piacere e della deresponsabilizzazione (accentuata, da noi, dal mammismo cronico) protrae oltremisura in molti adolescenti dell’ultima generazione un habitus psicologico (soprattutto nella sua componente etico – comportamentale) infantile. Ma l’orologio ormonale non si accorge, ovviamente, di questo ritardo e compie puntuale il suo giro. Qui sta il busillis: nella terra di mezzo dove oramai infanzia e pubertà, anziché darsi il cambio, troppo a lungo si sovrappongono e si abbracciano; e stentano a svilupparsi e a separarsi tempestivamente l’una dall’ altra, come una volta accadeva.

Read Full Post »