Metonomasia in greco antico significa alterazione del significato di una parola, la quale non viene, di conseguenza, più intesa nella sua propria e corretta accezione semantica.
Si tratta di un fenomeno comunissimo in momenti della storia nei quali un gruppo o una classe sociale emergente tenta di imporre i propri valori-interessi al resto della società piegando arbitrariamente a quello scopo anche il linguaggio. Lo storico greco Tucidide nel famoso resoconto della sanguinosa guerra civile di Corcira (avvenuta nel 427 a.C. nell’ambito della più ampia guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta) ci presenta un esempio eticamente inquietante di questo fenomeno:
« L'ordinario rapporto tra i nomi e gli atti rispettivamente espressi dal loro significato, cioè l'accezione consueta, fu stravolto e interpretato in chiave assolutamente arbitraria. La temerità irriflessiva acquistò valore d'impeto eroico al sacrificio per la propria parte; la cautela accorta venne chiamata maschera decorosa, per panneggiare uno spirito vile. La prudenza fu ritenuta un ripiego per celare la paura, spregevole in un uomo; l'intelligenza sollecita a scrutare ogni piega di un problema fu spacciata per totale inettitudine all'azione. Si valutò la furia selvaggia e folle qualità veramente degna di un ingegno virile; il ponderare guardinghi gli elementi di un'iniziativa, per dirigerla sicuri, onesto schermo per ripararsi nell'ombra. Il sordo ringhio della critica, del malcontento, ispirava sempre fiducia; ma la voce che si levava a contrastarlo si spegneva ogni volta nel sospetto. Operare un tradimento con mano pronta e felice pareva indizio di svelta mente, e prevenirlo un traguardo di destrezza anche più fine. » (Thuc. III 82)
Con la metonomasia, in buona sostanza, il lessico della virtù viene impiegato per designare – e coprire o giustificare – il vizio e, viceversa, il lessico del vizio viene impiegato per designare – e quindi screditare o infangare – la virtù.
Il linguaggio diviene così strumento importante di alterazione e corruzione del costume e, di converso, di giustificazione del malcostume.
Non è difficile capire quanto sia attuale questo fenomeno, specialmente nell’Italia degli ultimi anni.
Basti fra tutti il caso emblematico della parola libertà. In passato, e soprattutto dopo i drammatici eventi dell’ultima guerra, libertà significava essenzialmente la condizione di chi non è schiavo né assoggettato a qualsiasi dominio prevaricatore o dispotico. Adesso, nell’Italia degli ultimi vent’anni, lo stesso termine campeggia sui vessilli e nella propaganda di certi partiti politici nell’inequivocabile significato di licenza, arbitrio, diritto a fare ciò che si vuole a discapito ed in barba a qualsiasi valore di legalità e di senso dello stato.
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