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Archive for luglio 2021

Leggere per non dimenticare: presentazione del libro "Odiare l'odio" di  Walter Veltroni
Il neopuritanesimo non è la strada della sinistra | About…

Non leggo mai libri in classifica, meno che mai quelli scritti da nostri politici. E tuttavia il titolo di un recente libro di Walter Veltroni Odiare l’odio, mi sconcerta e mi fa riflettere. Sconcerta perché il gioco di parole contiene una contraddizione in termini: se si odia il sentimento stesso dell’odio, infatti, quel sentimento, paradossalmente (per quanto indirizzato all’odio stesso) si afferma (e si ammette) di provarlo comunque: si dichiara insomma di non esserne esenti. Questo è il punto critico imbarazzante. Inoltre se l’odio è, come sono convinto che sia, parte integrante della natura umana e non lo si può estirpare senza mutilarla, ne consegue che l’odio verso l’odio non può essere altro che una forma di avversione (distorta, e potenzialmente addirittura patologica) nei confronti della natura umana nella sua integrità. Chi odia l’odio odia la natura umana.

Parlo di mutilazione e mi viene non per caso in mente Il visconte dimezzato di Italo Calvino. In quell’ apologo bizzarro e paradossale (per l’appunto) l’interezza dell’essere umano, il suo impasto irriducibile di bene e di male, viene scissa da un colpo di cannone e le due metà continuano a vivere separate: ma non sono più veri uomini, bensì un mostro di malvagità (ferina e immotivata) il primo e una caricatura di bontà (stucchevole e controproducente) il secondo. Sono insomma una dimostrazione per assurdo della insensatezza di ogni facile dualismo etico e, soprattutto, del rischio che comporta ogni tentativo, anche nobile, di sradicare il male dall’uomo riducendolo alla sua sola componente ‘buona’.

In altre parole chi odia l’odio è uno che vorrebbe riplasmare l’uomo ex novo. Retropensiero allettante ma pericoloso. Affermazione utopica, ovvero ultraideologica e potenzialmente totalitaria (non sto parlando a questo punto del pensiero di Veltroni, ma sto semplicemente deducendo conseguenze logiche generali dall’assunto espresso nel titolo del suo libro). L’uomo nuovo emendato dall’odio era l’obiettivo rivoluzionario del cristianesimo delle origini e sappiamo che in duemila anni di storia umana questo nobile progetto di rinnovamento spirituale e antropologico (almeno qui sulla terra…) ha dato scarsissimi frutti e ha prodotto anzi, in certe epoche, crociate e tribunali dell’inquisizione, oltre che un mare di ipocrisia. L’uomo nuovo – la palingenesi della natura umana – è stato altresì l’obiettivo principe dei totalitarismi e dei terrorismi vari del novecento. Sappiamo com’è finita.

Anche perciò chi – coram populo – dichiara guerra all’odio ed esalta l’amore va sempre guardato con legittimo sospetto.

Chi dichiara guerra all’odio e assolutizza il suo contrario potrebbe perseguire il secondo fine del dominio delle coscienze, cioè il più diabolico dei poteri (non per caso il Grande Fratello orwelliano aveva istituito il Ministero dell’Amore)

Chi dichiara guerra all’odio, inoltre, è uno che non vede (o non vuole vedere) le ingiustizie, le storture e le colpe che dell’odio costituiscono le radici profonde: di quelle radici l’odio è soltanto la chioma visibile. Se la si taglia lasciando intatte le radici l’albero ricrescerà.

Sì perché l’odio – semplificando senza voler rubare il mestiere a psicoanalisti e filosofi morali – è figlio di due genitori: l’uno è il disagio psichico soggettivo della persona (la frustrazione, l’insoddisfazione di sé, il difetto di autostima ecc) che si proietta all’esterno, l’altra è la ingiustizia oggettiva (nelle sue varie forme di oppressione, di conflitto, di sopruso e di violenza) nei rapporti umani, sociali ed economici.

Chi vuole sopprimere l’odio rinuncia, per ottusità o tornaconto, a capire e a curare il primo (il disagio psichico) e a sanare la seconda (l’ingiustizia). Si limita a condannarne o (peggio ancora) a perseguitarne e reprimerne l’effetto. A combattere la febbre anziché curare la malattia.

L’odio dell’odio insomma può nascondere la malafede di un disegno di potere (quando quel potere teme l’odio come reazione legittima alla sua ingiustizia), oppure un buonismo miope ed ottuso che può degenerare in un neo-puritanesimo aggressivo (ed essere pericolosamente strumentalizzato in chiave politica). 

E qui vengo al punto che mi preme personalmente di più.

Le nuove crociate contro l’odio potrebbero prendere di mira la grande letteratura. Sta già accadendo (è già accaduto) da varie parti qualcosa, ahimè, di molto simile e di profondamente inquietante.

Si stanno già condannando all’indice giganti della letteratura mondiale solo perché contengono personaggi, pensieri o situazioni non conformi ai nuovi totem (e tabù) del politically correct come il femminismo o l’ambientalismo o l’antirazzismo o l’anticolonialismo. Valori o ideali morali e civili – questi ultimi – nobili ed indiscutibili in sé, beninteso, ma che niente hanno a che vedere con la qualità o con l’essenza di un’opera d’arte.

Se questa assurda campagna moralistica di discriminazione letteraria si allargasse all’odio ecco che dall’epurazione non si salverebbe, tra i classici della letteratura, quasi nessuno: né l’Iliade dove gli Achei odiano i Troiani, né l’Odissea dove Ulisse odia (e stermina) i Proci, né Tacito che odia gli stranieri, né Dante che odia certi papi, né Leopardi o Verga che odiano il progresso ecc. ecc. (ma l’elenco potrebbe essere infinito). L’Orestea di Eschilo o l’Amleto di Shakespeare verrebbero radiati da scuole, librerie e biblioteche.

Sì perché l’autentica letteratura è lo specchio fedele (non certo il giudice morale) della natura umana. Perciò non esiste grande letteratura senza odio (e senza amore, certo: ma perché è il suo pendant complementare e naturale, l’altra faccia dell’odio stesso).

Prepariamoci dunque al peggio perpetrato, in nome del “bene” e dell’”amore”, ai danni della grande letteratura. A nuovi roghi dei capolavori del genio umano sull’altare dell’idiozia benpensante.

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