C’è (ci deve essere) sempre un piacere nella lettura di testi letterari. Ma in chi li scrive non ci deve essere la preoccupazione, tanto meno l’ossessione, di compiacere chi leggerà. Scrivendo, uno scrittore autentico compiace principalmente se stesso. Quello che compie è un atto gratuito, doveroso e liberatorio. Se si scrive pensando soprattutto al gradimento del lettore non si fa letteratura autentica, ma sotto-letteratura, letteratura di genere o di intrattenimento o di propaganda. Se si scrive letteratura pensando che non si devono, scrivendo, urtare la sensibilità, le idee, la fede, gli interessi di chicchessia, allora è meglio rinunciare a scrivere. Mentendo a se stessi (non ubbidendo cioè soltanto a se stessi e alla propria, parziale ma imperativa, verità) non si scriverà mai nulla di buono e si tradirà il compito preminente della scrittura letteraria: quello di spalancare porte e di illuminare mondi, anche se quella luce dovesse essere così violenta da offendere la vista di molti.
Non esiste arte (né letteratura) senza vitalità. Può essere anche la più tetramente pessimistica, disperata e negatrice della felicità della vita, ma l’arte non può, per realizzarsi, non nutrirsi di una – anche residua, ma resistente e irriducibile – energia vitale. Leopardi docet (per chi lo sa davvero comprendere). La morte spirituale invece non crea nulla. Il povero fantasma di Ovidio, il cadavere vivente di Tomi, non poteva più poetare. E infatti le sue elegie dal Mar Nero sono (con poche eccezioni) un lamento flebile, querimonioso e monotono. Un encefalogramma piatto. Morto che si ostina a parlare. Lui stesso d’altra parte lo riconosce: Come l’onda del fango occlude i canali/ e l’acqua aggredita ristagna alla fonte, / così il mio petto è ostruito dal fango delle sventure/ e il canto fluisce da vena inaridita […] Quell’ impeto sacro che nutre il cuore dei poeti, / che prima era in me, ora è svanito. / La musa rifiuta il suo ruolo, quasi a forza /porta la pigra mano alla tavoletta. / Piccolo per non dire nullo è il piacere che provo/ scrivendo, combinando ritmi e parole. (Ep. ex Ponto, 4, 2, 15ss. – trad. di P. Fedeli, con ritocchi). Aqua, impetus, voluptas: ecco i presupposti vitali, i principi primi della poesia che a Ovidio sono venuti meno impedendogli di creare. Nihil ex nihilo. Primum vivere.