Ivano Dionigi, Il presente non basta, Mondadori, Milano 2016
Andrea Marcolongo, La lingua geniale. Nove ragioni per amare il greco, Laterza, Bari 2016
Nicola Gardini, Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile, Garzanti, Milano 2016
Confesso di non aver letto questi recenti libri (gli ennesimi, gli ultimi che inneggiano alla bellezza, alla vitalità, alla modernità ecc. delle lingue morte), né di avere alcuna intenzione di leggerli. A prescindere dal loro intrinseco valore (che non posso ovviamente giudicare) mi respinge infatti, da sempre e istintivamente, ogni retorica apologetica dell’antico, anche la più brillante, competente e originale. Ammesso che la causa sia giusta e che gli avvocati siano autorevoli, è la strategia difensiva che mi sembra profondamente sbagliata, a priori. La civiltà classica, soprattutto per noi italiani, è lì, a nostra disposizione, se vogliamo conoscerla, frequentarla, apprezzarla. C’è, solo da noi, una scuola superiore ad hoc per i nostri ragazzi che si chiama liceo classico. Ci sono decine di musei e di siti archeologici con migliaia di reperti a portata di mano. Ci sono moltissime belle edizioni anche economiche, tradotte o con testo a fronte, dei classici greci e latini di letteratura, di storiografia, di filosofia… Non capisco perché si debbano scrivere libri, inscenare ‘eventi’ promozionali, fare trasmissioni televisive semplicemente per dire che tutto questo – questo enorme patrimonio culturale – ci appartiene e ci riguarda e ci interessa e parla di noi e a noi ecc. Se si tenta questa strategia da mezzani, ciò accade perché chi scrive questi libri ed organizza questi eventi in realtà è il primo a pensare e a temere fortemente in cuor suo che non sia affatto così: che la civiltà classica, cioè, non riguardi più (quasi) nessuno perché è oramai sentita – a ragione o a torto – da (quasi) tutti ciarpame da seminterrato o da isola ecologica… Inocula quindi, immancabilmente, in chi legge o ascolta, il germe del sospetto che proprio loro, questi inneggianti promoter, siano mercanti alla canna del gas che cercano di smerciare pro domo sua vecchiume di magazzino per pregiati pezzi d’antiquariato. Esagero, ovviamente un po’ con le mie metafore: tutto oggi ha bisogno del giusto marketing, persino il mondo classico. Devo ammetterlo. Ma c’è modo e modo. E questo modo rischia di sortire, secondo me, l’effetto contrario. Non basta dire del greco antico che è bello perché ha il duale, del latino che è desiderabile perché sopravvive in mille nostri detti quotidiani, della letteratura classica che è à la page perché usa senza inibizione il turpiloquio ecc. Parlare bene di cose che il destinatario non conosce rischia di essere inutile se non addirittura sospetto e perciò stesso controproducente.
Se pensiamo che quel mondo sia un’eredità culturale viva e irrinunciabile non dobbiamo semplicemente dirlo ma (di)mostrarlo: potenziare i musei, la loro organizzazione, la loro dotazione; presentare, leggere, discutere e recensire le grandi opere letterarie classiche nelle trasmissioni culturali e librarie più seguite nei media; rappresentare molto di più, in teatro e in tv, commedie e tragedie classiche o sceneggiati che vi si ispirino; produrre programmi televisivi di divulgazione storica e archeologica che ripropongano in maniera viva – con i mezzi tecnici straordinari di oggi – quel mondo così apparentemente lontano.
Proprio il successo dei libri e delle trasmissioni di un benemerito ‘dilettante’ come Alberto Angela ci dimostrano come questa strada non sia impossibile da percorrere. Il problema è attivare una politica culturale che spinga in questa direzione, impegnandovi adeguate risorse umane e finanziarie… Qui casca l’asino: più facile un po’ di retorica celebrativa (e funeraria) destinata, alla fin fine, ai soliti parenti più e meno stretti (vedi: vari addetti ai lavori e insegnanti di liceo: su questo paradosso per altro cfr. https://www.latinorum.tk/la-battaglia-persa-del-latino-da-notte-bianca/)