Il prof Mario Rossi ha 60 anni. All’incirca l’età di un buon 40% dei docenti di scuola superiore. E vari malanni tipici della sua non più verde stagione. Da marzo ad oggi il prof Mario Rossi è stato tenuto, insieme a tutti i suoi colleghi più giovani, nelle retrovie della didattica online. Tutti ad insegnare rintanati in casa per evitare, giustamente e scientificamente, lo scontro impari con un nemico micidiale, invisibile, inafferrabile. Adesso però i comandi hanno deciso che no, non più. Si avvicina il D-day. Quel nemico non deve più essere tenuto prudentemente a distanza. Si deve affrontarlo, giovani e vecchi prof, veterani e reclute, in campo aperto. Sbarcare coraggiosamente sulle sue spiagge. Sfidarlo viso a viso, corpo a corpo, non perché quel nemico sia diventato meno temibile ma perché l’onore del governo e l’incerta sorte delle prossime elezioni richiedono che Mario Rossi, insieme a tutti i suoi commilitoni, di fronte a una opinione pubblica che lo taccia a gran voce di viltà e reclama da lui atti di eroismo, ritorni in prima linea, in mezzo alla gioventù italica. Poco importa che gli esperti più autorevoli di strategia dicano che così, per un malinteso amore di patria, Mario Rossi viene mandato inutilmente allo sbaraglio. Rischia seriamente la pelle. Armiamoci e partite, ordinano dagli alti comandi. Armiamoci noi, s’intende: voi, Mario Rossi & compagnia malandata, potete pure partire disarmati. Vi difenderemo, magari, con qualche milione di mascherine chirurgiche. E basta. Tutti lo sanno, è vero – sindacati compresi – che per gli anzianotti un po’ malconci come il prof Rossi questo non basta, proprio per niente. Ma bisogna fermamente credere che sì. Obbedire e combattere. Vincere e vinceremo. Poi magari, se qualcosa va storto, al soldato (già prof) Rossi si dedicherà una targa o un mezzo busto in memoriam, nel cortile della scuola. E all’entrata la gioventù italica tenderà uno striscione candido che inneggia all’angelo e all’eroe…
PS del 28.08.20:
Un auto-commento doveroso fuor di metafora: con l’epidemia di nuovo in crescita, viene imposto a tutti gli insegnanti di tutte le età di rientrare in presenza dal 14 settembre. In presenza, nel caso delle superiori, ravvicinata e prolungata ( e in luoghi chiusi) di ragazzi adolescenti abituati a una vita sociale intensa e incontrollata. Questo significa che i più anziani fra i prof (molto numerosi alle superiori) devono esporsi a gravi rischi per la loro salute senza l’alternativa, l’unica per loro davvero sicura, della didattica a distanza. Per varie ragioni (elettorali e pratiche) il ministero ha preso questa decisione a dispetto della direttiva dell’Inail che prevedeva invece il diritto per questi insegnanti a rischio di essere tutelati. Se questa tutela (come sembra) non ci sarà, è probabile per altro che molti docenti over 55 provvedano per conto proprio a difendersi chiedendo periodi di malattia o aspettative, con conseguenze per l’attività didattica ancora peggiori e imprevedibili di quelle che si vorrebbero evitare costringendo tutti al lavoro in classe.
PS del 31.08.2020
Ancora due riflessioni amare a margine di questa faccenda.
La prima cosa è che il terremoto del coronavirus sta mettendo impietosamente a nudo, dopo le magagne della sanità, quelle della scuola. Un pianeta terribilmente e inutilmente complicato sul piano normativo e organizzativo: leggi e contro-leggi, spinte e controspinte, accelerazioni in avanti e marce indietro. Prima (per motivi sanitari e non solo): evviva la didattica a distanza; adesso (per la pressione delle famiglie e interessi elettorali ): guai alla didattica a distanza… Mascherine e poi niente mascherine; autobus mezzi vuoti e poi tutti pieni. Ma non è un marasma prodotto dal virus, ma un marasma svelato dal virus, squadernato dall’emergenza allo sguardo di tutti.
La seconda cosa che il virus sta esibendo agli occhi del mondo è l’infimo grado di considerazione sociale in cui versa la classe insegnante. Opinione pubblica, politica e stampa si sono affrettati a etichettare come “furbetti scansafatiche col certificato in mano” migliaia di insegnanti anziani e (anche perciò) fisicamente malmessi. Persino i sindacati maggiori hanno rinunciato a difenderli, hanno svicolato questo problema nel timore di addossarsi il rischio di una battaglia che, evidentemente, ritengono sconveniente. Questo è il segno estremo di quanto oggi sia degradata l’immagine dell’insegnante medio in Italia. E di quanto questa categoria sia esposta al pubblico ludibrio e al comune disprezzo: al punto da poter essere, nella sua parte più debole, mandata allo sbaraglio, senza difese e senza alternative, anche di fronte a un pericolo così grave. Tutto questo mentre a ragione e con calore si predica, in altre sedi, per la sicurezza sul posto di lavoro e circa il sacrosanto diritto dei sessantenni di proteggersi dall’epidemia.
[Questo mio ultimo Post scriptum è stato inviato sotto forma di lettera alla rubrica Italians di Beppe Severgnini dove è appena stato pubblicato:
LETTERA Due riflessioni amare su scuola e Covid
Ringrazio Severgnini per l’attenzione]