Quis multa gracilis te puer in rosa
perfusus liquidis urget odoribus
grato, Pyrrha, sub antro?
cui flavam religas comam,
simplex munditiis? Heu quotiens fidem 5
mutatosque deos flebit et aspera
nigris aequora ventis
emirabitur insolens,
qui nunc te fruitur credulus aurea,
qui semper vacuam, semper amabilem 10
sperat, nescius aurae
fallacis. Miseri, quibus
intemptata nites. Me tabula sacer
votiva paries indicat uvida
suspendisse potenti
vestimenta maris deo. 15
Orazio, Odi, I 5
Chi è quel ragazzo dal fisico
esilino che sopra un tappeto
di rose, lui, tutto profumatino
di essenze raffinate, ti stringe
appassionato, o Pirra,
nella gradevole intimità
di un antro artificiale?
Per chi raccogli la tua bionda
chioma – glamour senza pari
della tua sobria eleganza? Spesso
lamenterà i tradimenti tuoi, la perfida
incostanza delle divinità, e sbalordito
osserverà la piatta calma del mare
guastarsi al soffio nero dei venti!
Lui che si fida adesso di te
e gode del tuo splendore e spera
sempre e solo suo il tuo amore
e ignora quanto il tuo vento
inganni! Disgraziati quelli
che il tuo fascino da lontano
acceca! Io, per me – la tavoletta
ex voto al muro consacrato del tempio
lo canta a chiare lettere – ho dedicato
al dio potente del mare i miei vestiti
zuppi di naufrago miracolato.
[Traduzione mia.] Ho tentato l’impossibile, cioè una versione sostanzialmente fedele, ma formalmente originale e moderna di Orazio, convinto per altro che la grande poesia – di qualunque epoca – sia intraducibile. Mi sono preso così delle libertà: anzitutto quella di interpretare ed esplicitare, traducendo, un testo che, reso altrimenti in italiano con la preoccupazione filologica della sua riproduzione ad verbum, sarebbe risultato semplicemente illeggibile. Farò e pubblicherò talora su questo blog – mi perdonino Orazio, Catullo e altri autori classici con cui mi cimenterò – altri esperimenti di questo genere.