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Archive for agosto 2023

La sinistra politica in Italia è stata culturalmente egemone?

Non direi proprio, almeno per come concepisco io la cultura.

In Italia è successo, semplicemente, che i più importanti intellettuali dal dopoguerra (ma anche prima: diciamo da un secolo a questa parte) si sono più o meno apertamente, più e meno criticamente, più e meno genericamente, ma sempre molto liberamente, schierati grossomodo a sinistra. Sinistra marxista o liberale che fosse. Tutto qui.

Poteva forse accadere altrimenti?

La cultura alta nasce spontanea e non programmabile, si nutre sì del passato e del presente (e quindi anche di condizioni ambientali e ‘politiche’ favorevoli) ma è per sua natura proiettata, molto prima della società in cui nasce, verso il futuro – si tratti di rappresentazione artistica, o di speculazione filosofica o di ricerca scientifica – in quanto elabora anche e soprattutto valori morali ed umanistici, oltre che produrre scoperte ed opere intellettuali ed artistiche, materiali e tecnologiche. Se per cultura si intende la cultura maggiore e si riconosce che quest’ultima riveste per definizione e de facto un compito di promozione di civiltà, quale cultura in questo senso avrebbero potuto attrarre e/o promuovere, da cento anni in qua, il fascismo prima, la (pur rimpianta e non del tutto deprecabile, giudicata a posteriori) democrazia cristiana poi e infine il Berlusconismo e i ‘sovranismi’/regionalismi della politica attuale?

Nessuna, direi. Perché questi regimi o governi si sono occupati e si occupano soprattutto di rafforzare e gestire il potere acquisito, di governare il presente, di garantire e garantirsi affari, interessi e privilegi, curare clientele oltre che di attivare (nel caso del fascismo e del berlusconismo) un formidabile apparato di propaganda. La cultura alta è stata da loro spesso trascurata, talora usata, ma spesso anche marginalizzata o addirittura apertamente disprezzata, bandita e perseguitata.

Concessi tutti gli enormi difetti delle sinistre nei brevi o brevissimi periodi in cui hanno governato, le varie destre italiane, che hanno governato invece quasi sempre, non hanno mai brillato per spirito di autentica promozione culturale, di mecenatismo, inteso nel senso più ampio, rispettoso e illuminato del termine.

Chi ha detenuto da noi (quasi sempre) il potere nell’ultimo secolo, ha camminato sempre in direzione divergente rispetto a quella verso cui procedeva la cultura maggiore. E politicamente lo schieramento che si è opposto a questi regimi o governi è stato da noi, di fatto, quasi costantemente la sinistra (liberale o marxista che fosse). E siccome i nemici dei nostri nemici sono sempre nostri amici giocoforza la cultura maggiore (i grandi nomi della cultura) da noi si è schierata in gran parte – ma sempre a distanza tutt’altro che ravvicinata – a sinistra.

Certo, nella Russia di Stalin e nei paesi del blocco sovietico è accaduto l’esatto opposto. Ma non per caso: anzi per la stessa identica ragione.

Le stelle polari della Cultura Maggiore sono, sempre e ovunque, libertà e verità.

Perciò la cultura, quella vera, non può che stare all’opposizione.

Il potere infatti (ogni forma di potere) è costituzionalmente in varia misura refrattario, specialmente (e ovviamente) un potere autoritario e censorio, alla libertà e alla verità.

I maggiori intellettuali russi del Novecento sono stati quasi tutti anticomunisti ed anti-staliniani, come da noi sono stati antifascisti prima e, in buona misura, antidemocristiani e antiberlusconiani poi.

Ovvio, direi. Ovvio ed elementare, Watson…

Se vogliamo poi parlare della sinistra politica italiana del Novecento (non parlo di quella annacquata, denaturata ed incolore di oggi) ebbene ad essa si possono certo imputare molte e gravi colpe e responsabilità, ma non certo quella di aver imposto d’autorità alla società italiana una egemonia culturale illegittima.

Certo il vecchio PCI ha tentato di condizionare con i suoi allora potenti feudi ed apparati locali e nazionali molti intellettuali simpatizzanti, ma non ha mai potuto costringere nessuno di loro all’ubbidienza, al conformismo o al silenzio. Moltissimi di loro infatti, si sa, si sono smarcati con coraggio quando hanno voluto e dovuto farlo per non tradire se stessi.

La cultura maggiore sta sempre e comunque (ripeto quella che per me è – dovrebbe essere – un’ovvietà) all’opposizione. Non è mai succube del potere, qualunque esso sia. Comunque ne sa essere sempre e liberamente critica. Non suona mai il piffero (per citare una pittoresca immagine di Elio Vittorini) per nessun regime, governo o rivoluzione.

Certo, poi bisogna anche precisare che non tutti quelli che stanno all’opposizione sono uomini liberi e di cultura. Ma questo è un altro – pur importante – discorso e non ha molto a che fare con la cultura maggiore.

Lamentarsi e recriminare che i nostri più importanti uomini di cultura abbiano scelto finora (con poche importanti eccezioni) per lo più la sinistra o quantomeno ricusato la destra è, dunque, semplicemente assurdo e ridicolo.

L’egemonia culturale rettamente intesa infatti o esiste o non esiste: nessuno se la può dare. Nessuno la può imporre dall’alto. È un merito legittimo e un dato di fatto, non una usurpazione o una prevaricazione o un furto.

Disconoscere questo merito sarebbe come affermare che a suo tempo Bartali avrebbe avuto diritto di accusare Coppi di illegittima ‘egemonia ciclistica’: un dato di fatto tra gli anni quaranta e cinquanta; un merito indiscutibile di Coppi, riconosciuto e ammirato da tutti, non certo una sua colpa…

E allora? E allora viene il deprimente ma fondato sospetto che queste speciose lamentele e recriminazioni di certi politici di adesso circa una presunta ed illegittima egemonia culturale della sinistra sottintenda in realtà, nella mente di chi recrimina, ben altra – piccina e miserevole e pericolosa – idea di cultura. Per ‘egemonia culturale’ forse costoro non intendono (non riescono ad intendere) altro che il controllo e la manipolazione delle maggiori fonti di informazione e di dibattito pubblico. In altre parole costoro, scomodando la cultura, accuserebbero in realtà le sinistre di aver monopolizzato nel dopoguerra totalmente l’informazione e la propaganda, dominando così l’opinione pubblica. Tesi che riesce tuttavia, anche questa, oggettivamente arduo sostenere se non ribattezzando abusivamente post mortem la vecchia DC (rimasta al governo per più di quaranta anni e padrona indiscussa in quel periodo della radio-tv di stato in tempi di monopolio oltre che di molti giornali) come partito di sinistra, o etichettando la memoria della resistenza e l’antifascismo come realtà e valori esclusivamente ‘comunisti’ e via mistificando.

In realtà, a guardar bene, è accaduto negli ultimi trent’anni esattamente il contrario: la destra berlusconiana (dopo la dc e molto più della dc) con i suoi potentissimi mezzi comunicativi ha invaso e stradominato l’informazione; ha colonizzato facilmente con la sua visione iper-consumistica, mercantilistica, antistatale ed antilegalitaria, pseudoliberale e ultraliberista, ampi settori della ‘sinistra’ e ha pertanto realizzato (con grande abilità ma non saprei dire se sempre con/per merito) una sua indiscussa, schiacciante egemonia sottoculturale, ovvero una profonda rivoluzione (che per alcuni versi, secondo me, è stata anche una vera e propria corruzione) del gusto, del costume e della mentalità comune. Un’eredità, quella berlusconiana, di cui la destra attuale si giova e si avvantaggia non poco. Ma tutto questa storia, comunque la si voglia ‘narrare’, non ha proprio nulla a che vedere con la cultura maggiore del passato più e meno recente né col suo presunto colore politico: riguarda semmai il controllo che il potere (ogni potere in misura e con mezzi diversi) cerca inevitabilmente di esercitare sulla società, sulla mentalità, sul costume e quindi anche sulla cultura vera e propria: usandola, condizionandola, blandendola e non di rado contrastandola o perseguitandola.

Il potere politico infatti teme la cultura maggiore, più di ogni altra cosa. Non per altro la teme se non perché teme, appunto, la sua testimonianza incoercibile di verità e di libertà. Soffre nei suoi confronti di un complesso paradossale e micidiale di inferiorità: sa – come il proverbiale generale di brechtiana memoria – che questo suo antagonista è fragile e inerme, ma sa anche che con nessuna arma riuscirà mai a vincerlo. La vittoria del potere sulla cultura è infatti una illusione temporanea. Una vittoria sempre perdente. Viceversa la sconfitta, scontata nell’immediato, della cultura contro il potere è una sconfitta, nel tempo, sempre destinata a vincere. Creonte è morto e sepolto con la sua città, e con tutti i tiranni suoi simili della storia. Antigone invece, l’Antigone sofoclea, colei che il re Creonte fece seppellire viva, è ancora oggi più viva che mai.

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