Leggo e diffondo con piacere (anche se con un po’ di ritardo) una lettera aperta sul Ddl scuola che la mia collega ed amica Giovanna Giuliodori ha indirizzato giorni fa dalla sua pagina FB al presidente del consiglio. Superfluo aggiungere che condivido pienamente le critiche e le argomentazioni di questa lettera che riassume, a mio avviso, in modo molto equilibrato e nitido, tutti i maggiori motivi di malcontento degli insegnanti italiani verso il progetto della cosiddetta ‘Buona Scuola’:
Gentilissimo Presidente del Consiglio,
dal momento che Lei ha voluto rivolgersi personalmente a ciascuno di noi insegnanti per tentare di spiegare la necessità e la opportunità di quanto proposto nel Ddl sulla scuola, sento che è un mio dovere morale e civile risponderLe, anche se temo che la mia mail non La raggiungerà o comunque non sarà ascoltata. La mia sfiducia non è affatto infondata: nonostante le Sue iterate dichiarazioni di disponibilità al dialogo e al confronto, ha dequalificato la mobilitazione di migliaia di insegnanti come il frutto di una manipolazione ad opera dei sindacati. Delegittimare con una simile affermazione la capacità di critica e di analisi di migliaia di professionisti della cultura non mi sembra affatto la strada per aprire un dialogo, che presuppone rispetto e considerazione non dico per le ragioni altrui, ma almeno per l’interlocutore.
Sono un’insegnante di ruolo in un liceo, ho la Sua età e svolgo il mio lavoro con passione e competenza da ormai quindici anni, il che significa che ho maturato una conoscenza profonda e un’esperienza diretta del mondo della scuola, nella sua interezza. Pertanto sono convinta che il Ddl difeso da Lei e dal Governo da Lei presieduto non può migliorare in alcun modo la scuola, anzi può solo peggiorarla, per i motivi che Le illustro in breve (limitandomi, per altro, a quelli che ritengo gli aspetti più critici):
-non è previsto alcun investimento diretto e specifico sugli stipendi degli insegnanti, stipendi oggi vergognosamente bassi e tali da costituire essi stessi un messaggio a tutta la società che dice: “i docenti valgono niente”. Gli aumenti “per merito” saranno destinati solo ad un 10% dei docenti di un istituto (nella mia scuola circa 8 su 80!), una miseria se si guarda con obiettività a quanti sono gli insegnati meritevoli che, come Lei stesso ha affermato, mandano avanti la scuola ed educano generazioni di ragazzi. Prima occorre elevare il trattamento di tutta la classe docente, assolutamente inadeguato, poi si potrà discutere sul merito, ma non attraverso la discutibile prassi di mettere in competizione i docenti, quanto pensando a formare figure professionali intermedie tra docenti e dirigenti che coordinino i propri colleghi. I migliori modelli scolastici stranieri mostrano infatti che il miglioramento c’è non quando si mettono i docenti gli uni contro gli altri, in una sorta di guerra tra poveri, ma quando li si motiva e li si mette in condizione di collaborare efficacemente.
-La modalità di assegnazione della sede ai docenti prevista dal Ddl comporterà sia enormi difficoltà di gestione sia altri non trascurabili rischi sotto il profilo delle garanzie di imparzialità e trasparenza delle procedure. La scuola italiana è pubblica, fino a prova contraria, per cui anche alla scuola devono essere garantite le identiche procedure di assunzione e mobilità previste per altri settori del pubblico impiego (è invece a rischio anche la mobilità di insegnanti che lavorano da anni nella scuola e che, stando al Ddl, si troverebbero senza più una sede di titolarità nel momento in cui, magari per esigenze di famiglia, dovessero chiedere un trasferimento, entrando così nella palude degli albi territoriali). Contaminare modalità proprie del settore privato con il settore pubblico non è solo sbagliato: è pericoloso. Un imprenditore può certo assumere il suo personale con criteri da lui autonomamente stabiliti, perché persegue i suoi interessi e lo fa a suo rischio, investendo cioè i suoi capitali. Un dirigente della pubblica amministrazione, invece, persegue interessi collettivi e non investe propri capitali: attribuire un potere di assunzione al dirigente scolastico significa dunque consentire al medesimo un arbitrio che non è bilanciato da nessun rischio personale e che pertanto apre un potenziale pericolo di clientelismi, favoritismi, nepotismi. Se gli insegnanti sono lavoratori dello Stato, devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori pubblici. Sono certa che a tal proposito fioccheranno contenziosi e ricorsi per le assegnazioni dei docenti alle scuole, perché il Ddl presenta evidenti elementi di incostituzionalità. Quando saranno emanate le sentenze, la “Buona scuola” mostrerà il suo vero volto: una riforma affrettata e raffazzonata, che ha inteso non promuovere e valorizzare gli insegnanti, bensì umiliarli.
-Le assunzioni non possono essere ridotte a merce di scambio per far accettare obtorto collo altri pezzi di riforma sbagliati e dannosi: le assunzioni sono la conditio sine qua non perché le scuole possano rispondere efficacemente alla domanda formativa del Paese, con organici adeguati e lavoro stabile. Inoltre la Sua affermazione secondo cui l’assunzione dei precari non può non accompagnarsi ad una riforma generale della scuola perché altrimenti si genererebbe nuovo precariato è forse un pretesto convincente per chi non appartiene al mondo della scuola, ma noi insegnanti, che sappiamo bene come stanno le cose e che abbiamo letto in questi mesi pareri di autorevoli esponenti non solo del mondo sindacale ma anche del mondo della cultura, siamo al corrente del fatto che una buona parte dei nuovi assunti sarà costituita da precari che insegnano materie di nicchia e che per questo non sono ancora passati di ruolo; di conseguenza occorreranno ancora supplenti di italiano, matematica, scienze ecc. e il precariato non sarà affatto eliminato. Mi offende la cattiva fede di chi tenta di imbonirci con queste giustificazioni pretestuose: non siamo sciocchi né ingenui e meritiamo rispetto.
-Didatticamente, la riforma proposta dal Governo che Lei presiede delinea un progetto di scuola fumoso e non orientato a risolvere le vere criticità che noi docenti riscontriamo ogni giorno nelle classi: i ragazzi non hanno bisogno di una moltiplicazione dei saperi ma di una loro integrazione, che può essere conseguita solo con un lavoro rigoroso e non frammentato da mille, differenti attività. È forse così che si colmano le carenze che riscontriamo nelle competenze di base? L’idea, poi, dell’alternanza scuola-lavoro, se ha valore e significato per i professionali e i tecnici (purché ben gestita e non sostitutiva dell’attività di classe), appare, nel numero di ore quantificato dal Ddl (200!), irragionevole per i licei: perché mai dei ragazzi, che entreranno nel mondo del lavoro dai 3 ai 6 anni dopo la conclusione degli studi liceali, dal momento che per oltre il 90% faranno l’università, dovrebbero dedicare un numero così cospicuo di ore ad un orientamento che potrebbe essere del tutto inutile per il loro futuro, considerata la rapidità con cui il mondo del lavoro evolve e si trasforma?
Mi riservo di esprimere il 31 maggio con il voto la risposta civile alla Sua azione di governo, coinvolgendo nella mia scelta quanti più amici e familiari mi sarà possibile convincere.
Invio questa lettera per conoscenza al Presidente della Repubblica, garante del rispetto della Costituzione Italiana.
In fede
Prof.ssa Giovanna Giuliodori