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Archive for aprile 2014

Caro Seneca, il tempo

della vita ci è donato

prima – gratis e per amore

di un dio svanito, prodigo

e cieco – in sonanti

zecchini, perché ognuno

di noi ne faccia  poi

come peggio vuole

e scientificamente

gli usi più cretini.

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Sfinge abbarbicata, artigli d’edera

sul cranio che sovrasta la nostra

città dalle sette porte – oh se

sette rimanessero, aperte

bocche  – non murate

soglie di tomba – al bacio

mite dei venti dai quattro punti

cardinali, profumati di polline, ebbri

di primavera! E un profeta

da Corinto giungesse a sbugiardarti

gola incantatrice! – No, niente inutili

auspici! Un profeta d’oggi è domani

triste tiranno. Meglio che noi, stretti

in social catena, ricchi ciascuno della

propria bisaccia di lupini, degli stracci

sparsi della nostra dignità e di un roso

bastone da viaggio armiamo

di un plurivoco unisono coro

un tirso affilato, squillante di baccanti

a mozzare d’un colpo l’enigma

che per le spire del mostro

rampicante sibila

nel cielo di Tebe.

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Esiodo, sempre lui, è vissuto quasi tremila anni fa, eppure contiene riflessioni di incredibile attualità. Per esempio, quando dice che

tale è la legge che agli uomini impose il figlio di Cronos:

ai pesci, alle fiere e agli uccelli alati

di mangiarsi fra loro, perché fra loro giustizia non c’è;

ma agli uomini diede giustizia che è molto migliore.

[Erga, 276ss.]

mi sembra che egli opponga a tutti i vocianti profeti del liberismo d’oggigiorno – quelli che pensano che la civiltà umana si realizzi regredendo sic et simpliciter alla sua vorace, predatoria e incontrollata animalità – una obiezione insuperabile e non sospetta (vista la remota e rozza società contadina in cui Esiodo è vissuto) di pericolose infezioni ideologiche stataliste o, peggio ancora, socialiste, del secolo scorso.

Lui che, d’altra parte (sempre ne Le opere e i giorni), è un genuino assertore della competizione virtuosa, quella che

anche chi è pigro risveglia al lavoro;

perché se uno non lavora e guarda un altro che,

ricco, si sforza di arare e piantare, e di far prosperare la casa,

è allora che il vicino invidia il vicino, che si adopera

per arricchire; e buona è questa contesa per gli uomini;

e il vasaio è emulo del vasaio, e il fabbro del fabbro

[Erga, 20ss.]

Ma non si sogna minimamente di separarla – questa competizione –  dalla Dike, anzi reclama che essa sia sottoposta al controllo delle giuste regole e delle giuste sentenze, cioè alla legge dell’ equità. Non a quella della giungla.

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C’è chi, come la ex ministra Fornero, crede che rubare anni di vita a persone ormai anziane sia meno grave che sottrarre loro soldi. Così ha pensato un paio d’anni fa, in combutta coi partiti che sostenevano il suo governo, di condannare persone come chi scrive, con ormai 40 anni di lavoro e di contributi, ad altri 3, 4, 5 anni di lavoro in più, senza alcuna contropartita. Tutto ciò per spostare soldi dalle pensioni alle banche, ai politici, ai soliti privilegiati. Tutto ciò mentre giovani meritevoli bussano inutilmente alle porte del mondo del lavoro. Mentre in cattedra, a insegnare a 15enni, sono costrette a sedere persone che hanno 50 anni più di loro. Praticamente i loro nonni.

Questi ultimi, i pensionandi della mia generazione (quelli nati negli anni ‘50) sono per altro quelli che hanno sostenuto di più il peso della cosiddetta austerità, pagando – letteralmente- nella loro carne e nel loro sangue il contributo più concreto e più consistente al ‘risanamento’ delle casse dello stato dissestate da altri.

Perciò aderisco e invito ad aderire alla raccolta di firme della collega Mila Spicola perché sia introdotto nel mondo della scuola un sistema di pensionamento flessibile, più equo e meno brutale di quello in vigore. Un piccolo tentativo, forse inutile, ma necessario.

Chi vorrà sottoscrivere potrà farlo a questo indirizzo web:

https://www.change.org/it/petizioni/matteo-renzi-prepensioniamo-i-docenti-oltre-i-60-anni

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Nel mito delle età degli Erga, Esiodo dice – a proposito della stirpe dell’età argentea- che essa non era rispetto alla precedente stirpe dell’oro

né per l’aspetto simile né per la mente,

ché per cent’anni il fanciullo presso la madre sua saggia

veniva allevato, giocoso e stolto, dentro la casa…

Fanciullaggine e immaturità degli individui non arriveranno forse oggigiorno a toccare la vecchiaia, come nel mito esiodeo. Ma è indubbio che la società del piacere e della deresponsabilizzazione (accentuata, da noi, dal mammismo cronico) protrae oltremisura in molti adolescenti dell’ultima generazione un habitus psicologico (soprattutto nella sua componente etico – comportamentale) infantile. Ma l’orologio ormonale non si accorge, ovviamente, di questo ritardo e compie puntuale il suo giro. Qui sta il busillis: nella terra di mezzo dove oramai infanzia e pubertà, anziché darsi il cambio, troppo a lungo si sovrappongono e si abbracciano; e stentano a svilupparsi e a separarsi tempestivamente l’una dall’ altra, come una volta accadeva.

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