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Invito a leggere una mia lettera sull’argomento delle annunciate ‘riformine’ alla legge Fornero pubblicata gentilmente da Beppe Severgnini nella sua rubrica Italians sul Corriere della Sera:

Legge Fornero: ho sbagliato a studiare

Il tema dei soprusi consumati a danno dei pensionandi nati negli anni ’50 e delle legnate che sono state loro assestate di recente, da destra e da manca, sul groppone  è troppo amaro per chi scrive per essere affrontato spesso e con la dovuta oggettività. Ma questo sfogo mi ci voleva, una tantum…

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Cattedratici universitari, abbarbicati oggi alla cattedra fin oltre i 70 anni, fremono e si indignano se il governo li vuole “prepensionare” (ihih!) a 68 anni.

Insegnanti di 60 anni di scuola elementare, media inferiore e superiore non ne possono più di insegnare e scrivono – inutilmente – petizioni su petizioni per poter essere messi subito a riposo, mentre la legge Fornero li ha inchiodati in cattedra almeno fino a 65-67 anni e, spesso, fino ad oltre 43 anni di contributi.

Paradossi, in apparenza. Ma spiegabilissimi.

Perché chi insegna per 40 anni ed oltre a bambini e ragazzini è logorato, esausto, sfinito dal rapporto sempre più impari con classi pollaio e con persone di età e di mentalità sempre più lontana dalla propria, oltre che da un crescente e preconcetto discredito sociale.

Chi occupa una cattedra universitaria, invece, vuole continuare a gestire in tutta tranquillità il suo potere, che significa soprattutto continuare a garantire – il più a lungo possibile –  posti e carriera a quelli della sua cordata.

Quando si parla di ‘professori’ – non è inutile ripeterlo – bisogna fare attenzione a distinguere bene tra le due categorie.

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C’è chi, come la ex ministra Fornero, crede che rubare anni di vita a persone ormai anziane sia meno grave che sottrarre loro soldi. Così ha pensato un paio d’anni fa, in combutta coi partiti che sostenevano il suo governo, di condannare persone come chi scrive, con ormai 40 anni di lavoro e di contributi, ad altri 3, 4, 5 anni di lavoro in più, senza alcuna contropartita. Tutto ciò per spostare soldi dalle pensioni alle banche, ai politici, ai soliti privilegiati. Tutto ciò mentre giovani meritevoli bussano inutilmente alle porte del mondo del lavoro. Mentre in cattedra, a insegnare a 15enni, sono costrette a sedere persone che hanno 50 anni più di loro. Praticamente i loro nonni.

Questi ultimi, i pensionandi della mia generazione (quelli nati negli anni ‘50) sono per altro quelli che hanno sostenuto di più il peso della cosiddetta austerità, pagando – letteralmente- nella loro carne e nel loro sangue il contributo più concreto e più consistente al ‘risanamento’ delle casse dello stato dissestate da altri.

Perciò aderisco e invito ad aderire alla raccolta di firme della collega Mila Spicola perché sia introdotto nel mondo della scuola un sistema di pensionamento flessibile, più equo e meno brutale di quello in vigore. Un piccolo tentativo, forse inutile, ma necessario.

Chi vorrà sottoscrivere potrà farlo a questo indirizzo web:

https://www.change.org/it/petizioni/matteo-renzi-prepensioniamo-i-docenti-oltre-i-60-anni

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