Cattedratici universitari, abbarbicati oggi alla cattedra fin oltre i 70 anni, fremono e si indignano se il governo li vuole “prepensionare” (ihih!) a 68 anni.
Insegnanti di 60 anni di scuola elementare, media inferiore e superiore non ne possono più di insegnare e scrivono – inutilmente – petizioni su petizioni per poter essere messi subito a riposo, mentre la legge Fornero li ha inchiodati in cattedra almeno fino a 65-67 anni e, spesso, fino ad oltre 43 anni di contributi.
Paradossi, in apparenza. Ma spiegabilissimi.
Perché chi insegna per 40 anni ed oltre a bambini e ragazzini è logorato, esausto, sfinito dal rapporto sempre più impari con classi pollaio e con persone di età e di mentalità sempre più lontana dalla propria, oltre che da un crescente e preconcetto discredito sociale.
Chi occupa una cattedra universitaria, invece, vuole continuare a gestire in tutta tranquillità il suo potere, che significa soprattutto continuare a garantire – il più a lungo possibile – posti e carriera a quelli della sua cordata.
Quando si parla di ‘professori’ – non è inutile ripeterlo – bisogna fare attenzione a distinguere bene tra le due categorie.
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