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Posts Tagged ‘vittimismo’

Tutti abbiamo ragione. Ciascuno ha le proprie ragioni. Tutti perciò abbiamo torto.

Oggigiorno spesso quelli (avidissimi) che dovrebbero sapere e saper fare non sanno o fanno male o fanno con scellerata negligenza. Quelli invece (avarissimi) che non sanno spesso pretendono di sapere e di saper fare. Due metà destinate o a non incontrarsi o a scontrarsi, nonostante (o forse proprio per) il comune denominatore dell’ignoranza…

Tragico che ognuno di noi si aspetti da tutti gli altri ciò che ciascuno di questi altri si aspetta a sua volta da lui e da tutti gli altri, specularmente. Ma uno specchio riceve e restituisce soltanto immagini. Fantasmi. Illusioni. Perciò gli illusionisti hanno oggidì tanto successo.

Ciascuno per sé, nessuno per tutti. Monadi senza sistema. Isole senza arcipelago. Atomi senza universo. Soli stantes in multitudine vasta.

Ciò che ci aspettiamo dagli altri è un diritto, ciò che gli altri si aspettano da noi è un attentato ai nostri diritti. Una pretesa, un privilegio o una rottura di scatole. Bellum uniuscuiusque erga unumquemque.

Giusto con i soldi oggi ti puoi comprare un favore o un aiuto – non dico un diritto. Ma spesso nemmeno con quelli.

Quando la politica non sa più cambiare in meglio la cosa pubblica allora inizia a blaterare in vano di cose private.

Le ideologie sono soprattutto maschere di bellezza per fessi, folli e filibustieri.

Il vittimismo è tra le più potenti ed abusate armi di ricatto e di prevaricazione. Una copertura nobile e sempreverde delle sopraffazioni e dei crimini più ignobili. Historia docet.

Dal vittimismo tutti abbiamo da (o cerchiamo di) guadagnare. Tutti, tranne le vere vittime.

La vittima (se è ancora viva) soffre in silenzio e protesta o combatte con dignità. I vittimisti urlano in piazza e straparlano sui media.

Il vittimismo è un formidabile lasciapassare a scadenza illimitata per aspiranti carnefici.

L’Italia è la patria elettiva del vittimismo. Pensate che annovera la percentuale più alta in Europa di campioni del chiagne e fotte. Quelli che si lamentano di essere derubati dallo stato mentre lo saccheggiano a man bassa. Quelli che piangono ingiustizia mentre prosperano anche o soprattutto a danno degli altri. Nessun governo li persegue, anzi volentieri li ‘condona’. Perché sa che unicamente con il loro consenso, da circa ottant’anni, in Italia si vincono le elezioni. Con qualsiasi bandiera ci si presenti.

PS di ‘autocommento’: Qualcuno penserà che traggo questi pensieri dall’attualità senza avere il coraggio di nominarla. È vero e non è vero. Mi ispiro anche all’attualità, ma non la inseguo. Se non la nomino non è per prudenza, diplomazia o vigliaccheria. È che non voglio fare affatto l’editorialista, non voglio aggiungere inutilmente la mia opinione sui fatti del giorno alle migliaia che ormai infestano quotidianamente i media e il web per sparire il giorno dopo. Trasformando l’attualità in considerazioni e in massime generali provo ad andare più all’essenza dei problemi della società e della natura umane, più in alto della contingenza. Così forse riesco a lasciare una traccia meno superficiale in chi legge, a stimolargli riflessioni meno scontate e meno spicciole, sottratte alla faziosità, o alla falsità o ai disperanti conformismi del nostro dibattito mediatico. Non nutro la presunzione di Seneca di scrivere per i posteri, ma di sicuro quella di trascendere il confine angusto dell’oggi. Così mi sento più libero e forse servo a qualcosa.

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Frasi sulla Politica (con immagini): le 45 più belle in inglese e italiano
Questa foto di una piazza sporca non c'entra con la manifestazione delle  “sardine” a Roma | Pagella Politica

Destra estrema: perversione della natura. Sinistra estrema: perversione della cultura.

Scienza: lume fioco e tremolante in un androne buio, debole faro appena visibile nella tempesta. Nient’altro può illuminarci il cammino o guidarci nella navigazione.

Tanta è la forza illusionistica della società del benessere e del consumo da indurre forse taluni a credere che i soldi li produca il bancomat e la verdura il supermercato.

Cattiveria è nativa e spontanea, infantile, fine a se stessa e perciò ingenua. Malignità invece è acquisita, adulta, indirizzata a un fine e dissimulata dalla ragione, perciò intelligente, o quanto meno astuta.

Non perdere il tuo tempo ad ascoltare persone che puntualmente dicono quello che ti aspettavi che puntualmente dicessero.

Peggio della retorica dei preti solo quella dei radical chic. Peggio della retorica dei radical chic solo la beceraggine di quelli che, per ordini di scuderia o per partito preso, li sbeffeggiano.

Diceva di avere il sonno così leggero che, dormendo, furtivamente si ascoltava russare.

I media di oggi (salvo rare eccezioni) si adoperano soprattutto a spalmare un velo di melassa sopra le vergogna denudate del mondo.

Politica sporca, si dice dalle mie parti. Sporca in tutti i sensi: perché è lurida in sé, ma anche perché sporca ogni cosa che tocca.

Condizione per il trionfo del vittimismo altrui è la nostra disponibilità a lasciarcene ricattare.

Quando i politici nostrani si dicono preoccupati per i giovani si stanno soltanto preparando a mazziare gli anziani.

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Covid e nuove sfide educative, incontro online con lo psicanalista Massimo  Recalcati - piacenzasera.it

«Se i nostri ragazzi non hanno potuto beneficiare di una didattica in presenza nel corso di quest’anno, se hanno perduto una quantità di ore e di nozioni significative e di possibilità di relazioni, questo non significa affatto che siano di fronte all’irreparabile. Il lamento non ha mai fatto crescere nessuno, anzi tendenzialmente promuove solo un arresto dello sviluppo in una posizione infantilmente recriminatoria. A contrastare il rischio della vittimizzazione è il gesto etico ed educativo di quegli insegnanti che spendono se stessi facendo salti mortali per fare esistere una didattica a distanza. Insegnare davanti ad uno schermo significa non indietreggiare di fronte alla necessità di trovare un nuovo adattamento imposto dalle avversità del reale testimoniando che la formazione non avviene mai sotto la garanzia dell’ideale, ma sempre controvento, con quello che c’è e non con quello che dovrebbe essere e non c’è. Si tratta di una lezione nella lezione che i nostri figli dovrebbero fare propria evitando di reiterare a loro volta la lamentazione dei loro genitori. Non ci sarà nessuna generazione Covid a meno che gli adulti e, soprattutto, gli educatori non insistano a pensarla e a nominarla così lasciando ai nostri ragazzi il beneficio torbido della vittima: quello di lamentarsi, magari per una vita intera, per le occasioni che gli sono state ingiustamente sottratte». [M.Recalcati, La Repubblica 23.11.20 (grassetti miei)]

Una voce controcorrente, quella dello psicoanalista Recalcati sulla cosiddetta DAD, nel fiume delle lamentazioni vittimistiche e giovanilistiche del mainstream mediatico degli ultimi mesi. Condivido dalla prima all’ultima parola: già scrivevo qualcosa di molto simile (ignorando ancora le posizioni di Recalcati) nel post Bambini adulti e adulti bambini di qualche tempo fa. Ho sempre ritenuto per parte mia che storicamente il vittimismo perpetuo di persone, gruppi, categorie, popoli interi – anche quando si fondi su di un grave torto o su di una sventura effettivamente patiti – rischi di diventare nel tempo un intollerabile alibi per fuggire le proprie responsabilità e per giustificare la propria inerzia, la propria inettitudine, persino gravi e (altrimenti) imperdonabili colpe. Ma forse Recalcati non sa che nella scuola attuale moltissimi dirigenti e non pochi insegnanti concedono ai giovani questo beneficio torbido della vittima molto a buon mercato, anche in tempi normalissimi e per ragioni molto più banali e pretestuose di una pandemia. Chi non vive nella scuola non può in effetti sapere che la deresponsabilizzazione e la vittimizzazione degli adolescenti sono oggigiorno una pratica quotidiana, figlia di una fede ideologica per alcuni e di una strategia politica per altri. Ma entrambi i comportamenti convergono verso un unico effetto diseducativo. Da un lato ci sono educatori (quelli che io definisco i prof ‘psicosocio’) convinti, per inclinazione personale e/o per soggezione a certo pedagogismo alla moda, che i ragazzi siano angeli incarnati, incapaci di ogni malizia e di ogni malefatta che non derivi dagli errori e dal cattivo esempio degli adulti o dalle storture dell’ambiente e della società. Questi educatori non riescono nemmeno a concepire che un diciottenne sia un essere autonomo e debba ormai accollarsi i suoi doveri e le sue responsabilità: di fronte a problemi grandi e piccoli che riguardano la comunità scolastica essi non sanno fare altro, di conseguenza, che giustificare i giovani e flagellare se stessi. Dall’altro lato ci sono dirigenti che da anni oramai hanno abbracciato un facile e spudorato populismo giovanilistico come unica e formidabile arma per riscuotere la customer satisfaction, cioè per accattivarsi il favore delle famiglie e per raggranellare iscrizioni. In questo sono spalleggiati sempre e trasversalmente dalla politica e da gran parte dei mass media. Quando parliamo della questione giovanile non riflettiamo mai abbastanza sul fatto che gli adolescenti e i giovani sono anzitutto un formidabile e vastissimo target pubblicitario, non solo per gli istituti scolastici, ma anche e soprattutto per l’industria, per il commercio e per la politica. Il consenso dei giovani muove interessi vari ed enormi. Ecco perché esso interessa molto di più che la loro crescita e la loro autentica educazione. Ecco il perché, nemmeno tanto recondito, di un giovanilismo così diffuso e spesso così malinteso e sospetto, nella scuola e fuori di essa. Ecco, insomma, il vero motivo di tanta campagna mediatica contro la DAD. Una campagna in gran parte inopportuna e strumentale, dati i tempi e le circostanze. Perché avrei voluto vedere che cosa sarebbe stato della scuola, nei mesi più bui della pandemia, senza questo pur limitato e imperfettissimo strumento. Ripeto: i miei genitori persero anni di istruzione elementare e media durante l’ultima guerra mondiale. Hanno sofferto molto, ma poi hanno vissuto e costruito la loro vita con rinnovata energia, con saggezza e con spirito di iniziativa. Ed è stata paradossalmente quella traumatica esperienza a insegnare loro come affrontare al meglio le avversità. Pathei mathos: soffrendo si impara. E si matura. Vale ancora e per tutti il vecchio motto eschileo. Ma vale molto di più per i giovani, perché la loro è l’età più adatta per imparare, appunto. Anche e soprattutto dalle sofferenze. Grazie Recalcati. Anche se siamo in pochi ormai a pensarla così, una volta tanto abbiamo trovato un compagno di strada autorevole ed ascoltato.

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Risultati immagini per titanic

Mi resta incomprensibile come alcuni ingegni si lascino intrappolare (e menomare) nelle angustie di una qualsivoglia ideologia, rinunciando così – volontariamente – allo slancio dispiegato dell’indagine e dell’intelligenza verso ogni direzione possibile. Forse perché anche l’ingegno avverte la vertigine del volo e nutre un desiderio inconscio del nido. Così come l’uomo adulto del ventre materno.

I giovani che forse un tempo avevano più solida (perché trasmessa, per via familiare e culturale) memoria del passato e più attiva e fiduciosa aspettativa del domani, oggi sembrano in gran parte (non tutti) privi dell’una e dell’altra, compressi ed anestetizzati come sono dalla macina mediatico-consumistica-produttivistica in un presente che ripete e divora febbrilmente se stesso. Sordi, in questa compulsione dell’istante, verso la lezione del passato e ciechi di fronte alle minacce tenebrose del futuro più immediato, essi sono i passeggeri di un Titanic che naviga, festeggiando, verso il disastro. Intenti soprattutto a prolungare la propria deriva fuori dalle rotte della storia. Dimentichi del punto di partenza così come ignari di quello di prossimo approdo, o di naufragio. Non so se commiserarli o invidiarli.

Il vittimismo di rendita può diventare un pugnale avvelenato, puntato costantemente sulla schiena del prossimo per rivendicare diritti, privilegi, impunità. Una speculazione sul passato che getta la sua ipoteca sul futuro. Un credito presunto di cui si vorrebbero riscuotere interessi a tempo indeterminato. Il vittimismo di rendita può essere odiosamente capitalizzato da individui, categorie, popoli interi. Da vittime può renderli carnefici. Da oppressi oppressori con (auto)licenza di opprimere.

Guàrdati da chi ha sempre ragione in teoria e torto in pratica perché con le sue impeccabili obiezioni teoriche egli vorrà impedirti qualsiasi ragionevole, ancorché – giocoforza – imperfetta, realizzazione concreta.

Il potere è da sempre maschio, ma l’ambizione del potere (e del primato e del successo) è, da alcuni decenni, prevalentemente femmina. E si trasmette implacabile di madre in figlia.

Ogni civiltà si è costruita la sua religione ed ogni religione il suo paradiso. Per capire bene quale sia da qualche decennio a questa parte la nostra religione e quale il nostro paradiso non bisogna consultare saggi di antropologia o di sociologia. Basta guardare con occhio minimamente critico gli spot pubblicitari.

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