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Posts Tagged ‘bellezza’

È appena uscito nella rivista culturale online Limina un mio articolo leopardiano che prende tuttavia le mosse da un passo di Charlotte Brontë. I due autori, a breve distanza di tempo l’uno dall’altra, arrivano autonomamente alla medesima intuizione: la bellezza (intesa in senso prettamente materialistico/estetico) può salvare chi la possiede perché, per l’illusione che quel fascino esteriore corrisponda a grandi qualità interiori, essa ispira istintivamente in chi la osserva favore e benevolenza. Nonostante questo indubbio punto di tangenza tra i due autori, la riflessione di Leopardi sul tema appare, rispetto a quella della Brontë, più ampia e articolata, oltre che (per vari aspetti) di notevole attualità: http://www.liminarivista.it/comma-22/la-bellezza-che-si-salva-bronte-e-leopardi-tra-illusione-e-realta/

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Strategia Bridge, Processo Commerciale per aziende B2B | Vehnta

“A chi più ha più sarà dato”:

proprio i sacri testi additano

nel sistema bancario

l’incarnazione più autentica

del messaggio evangelico…

La bellezza è di una

inutilità irrinunciabile.

Chi soffre la sindrome del servo

cova una voglia matta

di farti da padrone.

Se realizzi quanto è facile

comprare e quanto difficile

vendere, allora sei proprio

adulto. Forse addirittura

un po’ vecchio.

I soldi non interessano solo

a pochissimi tra quanti

già ne posseggono

tanti.

L’abisso tra

i nostri padri e

i nostri figli. Noi

sull’abisso

il ponte…

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Orazio e Lydia (studio), 1886 di Albert Edelfelt (1854-1905, Finland) |  Riproduzioni D'arte Del Museo Albert Edelfelt | WahooArt.com

[Orazio, Odi I 25]

Sempre di meno ragazzi impertinenti

tempestano di sassi i tuoi battenti

chiusi. Non ti disturbano più il sonno

e la tua porta ormai non si separa

per un solo istante dalla soglia.

E dire che sui cardini una volta

era tutto un apri e chiudi senza sosta.

Sempre meno ti cantano da sotto:

“Muoio d’amore per te nelle lunghe

mie notti, e tu che fai, Lidia? Dormi!”

Tra poco sarai tu – vecchia oramai

e ignorata da tutti – ad implorare

spavaldi bellimbusti in un vicolo

deserto, in quelle notti senza luna

spazzate in lungo e in largo dalla bora.

La voglia senza freno che fa andare

via di testa le cavalle in calore

a morsi ti strazierà le viscere

e ti farà piangere, e urlare.

Sì, perché allegra la gioventù gode

dei colori dell’edera e del mirto

ma le fronde rinsecchite le regala

all’Ebro, compagno dell’inverno.

La legge del tempo che rovescia un destino. Crudele e beffarda. Una legge che Orazio avverte e soffre con una sensibilità speciale, quasi unica. Vale per tutto e per tutti, ma specialmente per la bellezza, e in amore. Lidia è stata un’etèra (una escort) affascinante, desiderata e inseguita da molti. Si è potuta permettere di tenere sulla corda i suoi spasimanti, di umiliarli, di prendersene gioco. Ma adesso lei invecchia. E allora il gioco presto muterà in un atroce contrappasso. Sarai lei tra non molto a soffrire e a spasimare, come una lupa insaziata o una cavalla in amore, per giovanotti che a loro volta la umilieranno con il loro disprezzo e con la loro irriverente allegria. Forse l’acrimonia di Orazio cela un risentimento: ha amato molto anche lui, come tanti altri, questa donna ed è stato probabilmente anche lui vittima dei suoi capricci e della sua superbia. Ma, come sempre in poesia, la vicenda personale e il senso di rivalsa individuale sono trascesi in una rappresentazione – cruda e tragica – di valore universale. Nella traduzione ho voluto/dovuto sciogliere e ‘modernizzare’ talune espressioni oraziane che non avrebbero conservato in italiano, se rese alla lettera, una efficacia pari a quella dell’originale: così, per esempio, amat ianua limen (‘la tua porta ama la soglia’) è diventato la tua porta ormai non si separa/ per un solo istante dalla soglia; e non sine questu (‘non senza lamenti’) è diventato (con una endiadi adatta – credo – alla temperie drammatica del contesto) ti farà piangere e urlare.

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Risultati immagini per monna lisa e le sue caricature    Risultati immagini per monna lisa e le sue caricature

Paride il pittore dipingeva ritratti di gentildonne. Le necessità del mestiere lo induceva a farle più belle di quanto fossero nella realtà. Nonostante ciò, quelle erano perennemente insoddisfatte. Un giorno, libero dalle commissioni e stanco della maniera stilizzata in cui le convenienze della bottega sempre lo costringevano, in un impeto di libera ispirazione prese la tavolozza e cominciò a schizzare sulla tela una figura immaginaria di donna dai tratti alterati e caricaturali: naso aquilino, labbra gonfie, zigomi sporgenti…

Espose il quadro in vetrina, sicuro di far colpo. Ci riuscì, perché le gentildonne sue clienti, passando davanti alla bottega, cominciarono con disappunto a riconoscere, in quel ritratto, l’una il proprio naso, una seconda le proprie labbra, una terza i propri zigomi. Protestarono tutte con Paride, vivacemente, perché ritenevano che il pittore avesse voluto con quel ritratto prendersi gioco di ciascuna di loro, esibendo gratuitamente i difetti che, per denaro, nascondeva. Paride rimase sconcertato, ma non si sforzò di proclamare la propria buona fede. Anzi ammise, mentendo, che sì, era vero: aveva intenzionalmente radunato nel dipinto le loro deformità, perché confessassero a se stesse le magagne che ogni giorno vedevano allo specchio e la smettessero di chiedergli di medicarle con la bellezza della pittura. Chi si riconosce infatti in una sgradevole immagine prodotta dalla fantasia dell’arte è necessario che possieda nella realtà della sua persona la sgradevolezza che tanto, a quella vista, lo offende. Inutile aggiungere che Paride, da quel giorno, perse la sua clientela…

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