[Orazio, Odi I 25]
Sempre di meno ragazzi impertinenti
tempestano di sassi i tuoi battenti
chiusi. Non ti disturbano più il sonno
e la tua porta ormai non si separa
per un solo istante dalla soglia.
E dire che sui cardini una volta
era tutto un apri e chiudi senza sosta.
Sempre meno ti cantano da sotto:
“Muoio d’amore per te nelle lunghe
mie notti, e tu che fai, Lidia? Dormi!”
Tra poco sarai tu – vecchia oramai
e ignorata da tutti – ad implorare
spavaldi bellimbusti in un vicolo
deserto, in quelle notti senza luna
spazzate in lungo e in largo dalla bora.
La voglia senza freno che fa andare
via di testa le cavalle in calore
a morsi ti strazierà le viscere
e ti farà piangere, e urlare.
Sì, perché allegra la gioventù gode
dei colori dell’edera e del mirto
ma le fronde rinsecchite le regala
all’Ebro, compagno dell’inverno.
La legge del tempo che rovescia un destino. Crudele e beffarda. Una legge che Orazio avverte e soffre con una sensibilità speciale, quasi unica. Vale per tutto e per tutti, ma specialmente per la bellezza, e in amore. Lidia è stata un’etèra (una escort) affascinante, desiderata e inseguita da molti. Si è potuta permettere di tenere sulla corda i suoi spasimanti, di umiliarli, di prendersene gioco. Ma adesso lei invecchia. E allora il gioco presto muterà in un atroce contrappasso. Sarai lei tra non molto a soffrire e a spasimare, come una lupa insaziata o una cavalla in amore, per giovanotti che a loro volta la umilieranno con il loro disprezzo e con la loro irriverente allegria. Forse l’acrimonia di Orazio cela un risentimento: ha amato molto anche lui, come tanti altri, questa donna ed è stato probabilmente anche lui vittima dei suoi capricci e della sua superbia. Ma, come sempre in poesia, la vicenda personale e il senso di rivalsa individuale sono trascesi in una rappresentazione – cruda e tragica – di valore universale. Nella traduzione ho voluto/dovuto sciogliere e ‘modernizzare’ talune espressioni oraziane che non avrebbero conservato in italiano, se rese alla lettera, una efficacia pari a quella dell’originale: così, per esempio, amat ianua limen (‘la tua porta ama la soglia’) è diventato la tua porta ormai non si separa/ per un solo istante dalla soglia; e non sine questu (‘non senza lamenti’) è diventato (con una endiadi adatta – credo – alla temperie drammatica del contesto) ti farà piangere e urlare.
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