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Posts Tagged ‘buona scuola’

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Leggo qua e là che diversi miei colleghi (tra loro il mio amico Massimo Rossi (https://profrossi.wordpress.com/2016/04/30/la-buona-scuola-si-sta-rivelando-un-fallimento/) riconoscono solo adesso i disastri che la legge 107 (la cosiddetta Buona scuola) sta infliggendo alla nostra scuola. Meglio tardi che mai, ovviamente. Ma non erano disastri difficili da prevedere. Già un servizio televisivo di Riccardo Iacona lo aveva a suo tempo ben previsto e dimostrato more geometrico (http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-b2f6d908-a308-4af1-a2f5-78c6812d86f7.html). E le aperture di credito erano davvero male indirizzate. Un conto è infatti la prudente astensione da giudizi prematuri, un conto l’ingenuità di fronte al costante, evidente accanimento contro la scuola dei marpioni della nostra politica.

Vediamo come stanno le cose almeno su tre punti fondamentali:

1) Il bonus per i ‘meritevoli’: come pensare che avrebbe potuto essere applicato virtuosamente? In una scuola che, di fronte a tagli massicci di fondi aggiuntivi di istituto, non ha mai minimamente rinunciato (più per amore che per forza) alla miriade di attività extra più e meno utili, è ovvio che si cerchi in qualche modo di dirottare i soldi del bonus sui prof che continuano a fare quelle attività. Se si fatica (anche in qualcosa di inessenziale) bisogna giustamente essere ricompensati. A poco serve lamentarsi che così si tradisce lo spirito meritocratico della legge. Sono il primo a dire (e da sempre lo dico) che la qualità del lavoro in classe vale molto, molto di più dell’impegno in tremila attività promozionali, organizzative o integrative. Ma intanto bisognerebbe capire (e io ci ho rinunciato) come si fa a valutare bene la qualità del lavoro in classe senza cadere in pericolosi arbitri. E poi se i fondi aggiuntivi per quelle attività extra non ci sono più, giocoforza bisognerà impropriamente attingere a quelli stanziati per il bonus. È una scelta obbligata dalle misure studiatamente contraddittorie del governo oltre che dalla tendenza persistente e insopprimibile della scuola ‘autonoma’ a spendere per autopromuoversi.

2) L’alternanza scuola-lavoro (ASL): per i licei è un massacro; un sacrificio cruento consumato sull’altare delle pretese di banche e confindustria. Da sempre queste ultime reclamano da governi loro amici riforme scolastiche che catechizzino gli studenti alla dottrina aziendalistica e investano su di una formazione puramente tecnicistica e funzionale ai soli loro interessi. Adesso con la nuova legge hanno ottenuto che studenti di liceo (ragazzi destinati cioè a lunghi e teorici studi universitari) perdano – tra il terzo e il quarto anno – 200 (duecento!) ore del loro studio curricolare (scolastico e domestico) per seguire progetti sulla storia e l’attualità dell’industria, dell’artigianato ecc. oltre che per fare degli stage in varie aziende. Contemporaneamente il ministro annuncia proprio in questi giorni che le scuole rimarranno aperte anche d’estate per ospitare attività alternative e ricreative (leggi: per l’assistenza di minorenni che creerebbero problemi ai genitori); tutto questo significa che la scuola come istruzione e formazione è un organismo destinato, per l’effetto concentrico di questi interventi dissennati che durano da decenni, a una morte imminente, devastato ormai com’è dalla metastasi di quella che io chiamo l’Antiscuola: vale a dire da tutte quelle attività create ad hoc per paralizzarla dall’interno e dall’esterno, impedendole di funzionare fisiologicamente.

3) gli insegnanti assunti per il potenziamento: pareva all’inizio una benedizione per i più anziani avere accanto dei giovani entusiasti ed energici che potessero assumersi parte delle classi troppo numerose, attività sensate di recupero e di integrazione, supplenze… Invece alcuni di loro non sono per niente distribuiti né utilizzati come si dovrebbe: spesso sono parcheggiati in sala insegnanti ad aspettare di sostituire qualcuno assente; pare – a quanto mi risulta – che non possano per legge neanche avere supplenze lunghe nell’istituto cui sono stati assegnati (alla faccia del principio tanto sbandierato dal governo del superamento del precariato!); il prossimo anno saranno in gran parte spostati in altra sede, dove cioè si libereranno cattedre. Perché – diciamocela chiara – questa assunzione straordinaria è stata una ennesima operazione elettorale oltre che un debito assolto una tantum verso le normative europee sul precariato: tutti questi insegnanti più giovani (in realtà molti di loro sono quarantenni e insegnano già da anni come precari) saranno tutti riassorbiti – come è giusto – entro due o tre anni nei ruoli e l’organico del potenziamento si dileguerà. Ma di qui a una decina d’anni almeno i giovani neolaureati che entreranno per concorso nella scuola saranno rari come mosche bianche. D’altro canto già adesso la media anagrafica degli insegnanti di ruolo supera abbondantemente il mezzo secolo…

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Invito a leggere – senza ulteriori commenti – questo appello del giudice Ferdinando Imposimato al Presidente della Repubblica:

http://www.tecnicadellascuola.it/item/12859-quot-buona-scuola-quot-appello-di-imposimato-a-mattarella.html

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Leggo e diffondo con piacere (anche se con un po’ di ritardo) una lettera aperta sul Ddl scuola che la mia collega ed amica Giovanna Giuliodori ha indirizzato giorni fa dalla sua pagina FB al presidente del consiglio. Superfluo aggiungere che condivido pienamente le critiche e le argomentazioni di questa lettera che riassume, a mio avviso, in modo molto equilibrato e nitido, tutti i maggiori motivi di malcontento degli insegnanti italiani verso il progetto della cosiddetta ‘Buona Scuola’:

Gentilissimo Presidente del Consiglio,

dal momento che Lei ha voluto rivolgersi personalmente a ciascuno di noi insegnanti per tentare di spiegare la necessità e la opportunità di quanto proposto nel Ddl sulla scuola, sento che è un mio dovere morale e civile risponderLe, anche se temo che la mia mail non La raggiungerà o comunque non sarà ascoltata. La mia sfiducia non è affatto infondata: nonostante le Sue iterate dichiarazioni di disponibilità al dialogo e al confronto, ha dequalificato la mobilitazione di migliaia di insegnanti come il frutto di una manipolazione ad opera dei sindacati. Delegittimare con una simile affermazione la capacità di critica e di analisi di migliaia di professionisti della cultura non mi sembra affatto la strada per aprire un dialogo, che presuppone rispetto e considerazione non dico per le ragioni altrui, ma almeno per l’interlocutore.

Sono un’insegnante di ruolo in un liceo, ho la Sua età e svolgo il mio lavoro con passione e competenza da ormai quindici anni, il che significa che ho maturato una conoscenza profonda e un’esperienza diretta del mondo della scuola, nella sua interezza. Pertanto sono convinta che il Ddl difeso da Lei e dal Governo da Lei presieduto non può migliorare in alcun modo la scuola, anzi può solo peggiorarla, per i motivi che Le illustro in breve (limitandomi, per altro, a quelli che ritengo gli aspetti più critici):

-non è previsto alcun investimento diretto e specifico sugli stipendi degli insegnanti, stipendi oggi vergognosamente bassi e tali da costituire essi stessi un messaggio a tutta la società che dice: “i docenti valgono niente”. Gli aumenti “per merito” saranno destinati solo ad un 10% dei docenti di un istituto (nella mia scuola circa 8 su 80!), una miseria se si guarda con obiettività a quanti sono gli insegnati meritevoli che, come Lei stesso ha affermato, mandano avanti la scuola ed educano generazioni di ragazzi. Prima occorre elevare il trattamento di tutta la classe docente, assolutamente inadeguato, poi si potrà discutere sul merito, ma non attraverso la discutibile prassi di mettere in competizione i docenti, quanto pensando a formare figure professionali intermedie tra docenti e dirigenti che coordinino i propri colleghi. I migliori modelli scolastici stranieri mostrano infatti che il miglioramento c’è non quando si mettono i docenti gli uni contro gli altri, in una sorta di guerra tra poveri, ma quando li si motiva e li si mette in condizione di collaborare efficacemente.

-La modalità di assegnazione della sede ai docenti prevista dal Ddl comporterà sia enormi difficoltà di gestione sia altri non trascurabili rischi sotto il profilo delle garanzie di imparzialità e trasparenza delle procedure. La scuola italiana è pubblica, fino a prova contraria, per cui anche alla scuola devono essere garantite le identiche procedure di assunzione e mobilità previste per altri settori del pubblico impiego (è invece a rischio anche la mobilità di insegnanti che lavorano da anni nella scuola e che, stando al Ddl, si troverebbero senza più una sede di titolarità nel momento in cui, magari per esigenze di famiglia, dovessero chiedere un trasferimento, entrando così nella palude degli albi territoriali). Contaminare modalità proprie del settore privato con il settore pubblico non è solo sbagliato: è pericoloso. Un imprenditore può certo assumere il suo personale con criteri da lui autonomamente stabiliti, perché persegue i suoi interessi e lo fa a suo rischio, investendo cioè i suoi capitali. Un dirigente della pubblica amministrazione, invece, persegue interessi collettivi e non investe propri capitali: attribuire un potere di assunzione al dirigente scolastico significa dunque consentire al medesimo un arbitrio che non è bilanciato da nessun rischio personale e che pertanto apre un potenziale pericolo di clientelismi, favoritismi, nepotismi. Se gli insegnanti sono lavoratori dello Stato, devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori pubblici. Sono certa che a tal proposito fioccheranno contenziosi e ricorsi per le assegnazioni dei docenti alle scuole, perché il Ddl presenta evidenti elementi di incostituzionalità. Quando saranno emanate le sentenze, la “Buona scuola” mostrerà il suo vero volto: una riforma affrettata e raffazzonata, che ha inteso non promuovere e valorizzare gli insegnanti, bensì umiliarli.
-Le assunzioni non possono essere ridotte a merce di scambio per far accettare obtorto collo altri pezzi di riforma sbagliati e dannosi: le assunzioni sono la conditio sine qua non perché le scuole possano rispondere efficacemente alla domanda formativa del Paese, con organici adeguati e lavoro stabile. Inoltre la Sua affermazione secondo cui l’assunzione dei precari non può non accompagnarsi ad una riforma generale della scuola perché altrimenti si genererebbe nuovo precariato è forse un pretesto convincente per chi non appartiene al mondo della scuola, ma noi insegnanti, che sappiamo bene come stanno le cose e che abbiamo letto in questi mesi pareri di autorevoli esponenti non solo del mondo sindacale ma anche del mondo della cultura, siamo al corrente del fatto che una buona parte dei nuovi assunti sarà costituita da precari che insegnano materie di nicchia e che per questo non sono ancora passati di ruolo; di conseguenza occorreranno ancora supplenti di italiano, matematica, scienze ecc. e il precariato non sarà affatto eliminato. Mi offende la cattiva fede di chi tenta di imbonirci con queste giustificazioni pretestuose: non siamo sciocchi né ingenui e meritiamo rispetto.
-Didatticamente, la riforma proposta dal Governo che Lei presiede delinea un progetto di scuola fumoso e non orientato a risolvere le vere criticità che noi docenti riscontriamo ogni giorno nelle classi: i ragazzi non hanno bisogno di una moltiplicazione dei saperi ma di una loro integrazione, che può essere conseguita solo con un lavoro rigoroso e non frammentato da mille, differenti attività. È forse così che si colmano le carenze che riscontriamo nelle competenze di base? L’idea, poi, dell’alternanza scuola-lavoro, se ha valore e significato per i professionali e i tecnici (purché ben gestita e non sostitutiva dell’attività di classe), appare, nel numero di ore quantificato dal Ddl (200!), irragionevole per i licei: perché mai dei ragazzi, che entreranno nel mondo del lavoro dai 3 ai 6 anni dopo la conclusione degli studi liceali, dal momento che per oltre il 90% faranno l’università, dovrebbero dedicare un numero così cospicuo di ore ad un orientamento che potrebbe essere del tutto inutile per il loro futuro, considerata la rapidità con cui il mondo del lavoro evolve e si trasforma?

Mi riservo di esprimere il 31 maggio con il voto la risposta civile alla Sua azione di governo, coinvolgendo nella mia scelta quanti più amici e familiari mi sarà possibile convincere.
Invio questa lettera per conoscenza al Presidente della Repubblica, garante del rispetto della Costituzione Italiana.

In fede

Prof.ssa Giovanna Giuliodori 

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Tra le innovazioni in cantiere della cosiddetta buona scuola c’è, come molti sapranno, il riconoscimento ai dirigenti scolastici di poteri ‘manageriali’ quasi assoluti, tra cui quello di reclutare a loro piacimento, con conseguenze prevedibilmente letali per il principio della libertà di insegnamento sancito dalla Costituzione, gli insegnanti del proprio istituto. Contro questa svolta palesemente autoritaria, privatistica e anticostituzionale nell’assetto della scuola pubblica è stata promossa una petizione al Capo dello Stato cui personalmente ho aderito e cui invito ad aderire firmando on line al sito:

https://www.change.org/p/presidente-della-repubblica-mattarella-appello-al-presidente-mattarella-sull-incostituzionalit%C3%A0-della-chiamata-diretta-dei-docenti-della-vera-scuola-pubblica?tk=ohKrxORj36EQed0EJGnSEEbMvIFP0EwsQMIXXrzyPXw&utm_source=petition_update&utm_medium=email

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Scuola di follia

Scuola di follia: così si intitola un libro (edito da Armando) uscito pochi anni fa (2005) sulle patologie psichiatriche che affliggono il corpo insegnante. Ne è autore Vittorio Lodolo D’Oria, un medico – che per altro ebbi occasione di conoscere anni orsono in un convegno di insegnanti/scrittori. Ultimamente sono apparsi dello stesso autore altri due studi: La scuola paziente e Pazzi per la scuola (entrambi editi da Alpes, rispettivamente nel 2009 e nel 2010). Sono libri che sollevano il velo su una realtà volutamente (e vergognosamente) ignorata: quella del disagio psichico profondo che affligge una professione ad alta densità di relazioni umane e proprio perciò usurante e particolarmente esposta a questo genere di problemi

È curioso che mentre l’attuale governo strombazza in tutti i media il mega-spot sulla buona scuola, si continui a trascurare i risultati allarmanti di questi studi; e si persista – al contrario – a dipingere gli insegnanti come beati fannulloni beneficiari di un rilassante lavoro part-time e pertanto – secondo questa diffamante rappresentazione – meritevoli di sobbarcarsi ulteriori carichi di lavoro gratuito.

La realtà è ben diversa e avrebbe bisogno di cure e interventi mirati e efficaci, per il benessere psicologico non solo dei docenti ma anche (e conseguentemente) degli allievi.

Perché – va aggiunto – il malessere psichico degli insegnanti non è solo quello (più eclatante e allarmante) rilevato dagli studi di Lodolo D’Oria, ma anche quello più strisciante e subdolo, quotidiano, che corrode la normalità dei rapporti con studenti e famiglie. Quel malessere che cresce sui piccoli e ovvi difetti (in sé non patologici) dei docenti in quanto esseri umani, fino a trasformarli in fisse, manie e distorsioni relazionali che nel tempo possono nuocere alla serenità dei rapporti con i giovani tanto quanto le patologie maggiori.

Il rapporto docente – alunno infatti è drammaticamente asimmetrico, in precario e logorante equilibrio tra la ricerca utopistica dell’autorevolezza e la tentazione inutile dell’autoritarismo, sempre più minato (data l’alta età media dei docenti) dalla divaricazione culturale fra le generazioni.

Ma di tutte queste concrete problematiche nella Buona Scuola non c’è considerazione alcuna.

Soltanto fumosi progetti di un ambizioso edificio tecnocratico (Impresa, Internet, Inglese: toh… chi si rivede!) poggiato sulle spalle sempre più fragili, anziane e malandate. A costo zero, ovviamente.

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