Prima nemica della scuola diventa la scuola stessa quando non viene più intesa da alunni, insegnanti e genitori come un luogo di formazione e di passione culturale, ma come un votificio e un diplomificio nel quale le valutazioni numeriche e il ‘risultato’ finale, da strumenti necessari, ma freddi e largamente imperfetti e provvisori di misurazione di una crescita, si trasformano in fini supremi ed idolatrici, in vuote e tiranniche cifre attorno a cui si ingaggiano lotte all'ultimo sangue; numeri con cui chi insegna vorrebbe talora ribadire il suo (sempre più debole e risibile) ‘potere’ di giudicare, di gratificare o mortificare; chi impara, invece, vorrebbe spesso assecondare assurde e smisurate ambizioni ovvero lenire e colmare con mezzi impropri le ferite e i vuoti del proprio ego ancora fragile o immaturo (e se non ci riesce medita – in combutta con genitori ancora più immaturi di loro – sanguinose vendette contro presunti persecutori).
Se a tutto ciò si aggiunge l’inclinazione irresistibile per i voti alti e inflazionati da parte di dirigenti a caccia di iscritti, ecco che ci sarebbero – a mio avviso – motivi più che sufficienti per abolire le valutazioni intermedie e finali, specialmente nella scuola superiore, e togliere così valore legale al titolo di studio.
Così ognuno verrebbe a scuola soltanto per l’interesse, il gusto, la voglia di conoscere e di crescere.
E spenderebbe poi nella vita e nel lavoro l’unica vera ricchezza che ha accumulato andando a scuola: la propria effettiva formazione.