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Archive for giugno 2011

Prima nemica della scuola diventa la scuola stessa quando non viene più intesa da alunni, insegnanti e genitori come un luogo di formazione e di passione culturale, ma come un votificio e un diplomificio nel quale le valutazioni numeriche e il ‘risultato’ finale,  da strumenti necessari, ma freddi e largamente imperfetti e provvisori di misurazione di una crescita, si trasformano in fini supremi ed idolatrici, in vuote e tiranniche cifre attorno a cui si ingaggiano lotte all'ultimo sangue; numeri con cui chi insegna vorrebbe talora ribadire il suo (sempre più debole e risibile) ‘potere’ di giudicare, di gratificare o mortificare; chi impara, invece, vorrebbe spesso assecondare assurde e smisurate ambizioni ovvero lenire e colmare con mezzi impropri le ferite e i vuoti del proprio ego ancora fragile o immaturo (e se non ci riesce medita – in combutta con genitori ancora più immaturi di loro – sanguinose vendette contro presunti persecutori).
Se a tutto ciò si aggiunge l’inclinazione irresistibile per i voti alti e inflazionati da parte di dirigenti a caccia di iscritti, ecco che ci sarebbero – a mio avviso – motivi più che sufficienti per abolire le valutazioni intermedie e finali, specialmente nella scuola superiore, e togliere così valore legale al titolo di studio.
Così ognuno verrebbe a scuola soltanto per l’interesse, il gusto, la voglia di conoscere e di crescere.
E spenderebbe poi nella vita e nel lavoro l’unica vera ricchezza che ha accumulato andando a scuola: la propria effettiva formazione.
 

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Quel genitore che alimenta nel proprio figlio la sindrome del genio incompreso dagli insegnanti (e continuamente pretende da loro che riconoscano questa presunta genialità) non fa altro che accrescere nel figlio frustrazione, vittimismo e presunzione. Si adopera insomma, infallibilmente, per la sua infelicità.
 

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Il tragico non è
che l'istinto disubbidisca alla ragione
ma che le imponga obbedienza

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NOTTURNO INDUSTRIALE

Periferia ispida tòrta
di lamiere lunari gonfie
d’aromi minerali e d’olio sfatto
e zolfo, parallelogrammi
doloranti di elastico sgomento
vinolenta cariddi che inghiotte
nafta vomita molle
e bulloni, rantola con polmoni

d’acciaio ruttando in agonia
tanfo animale di sudaticcia carne
umana: qui la sera, mentre
sauri giacciono sazi al verde
della luna e al ritmo
dei lampioni tòcchi dal vento
sopra cimiteri giurassici

danzano lievi larve musicali,
un ragazzino esultando
scaglia il pallone sgonfio
contro una serranda chiusa
e pare lui solo attingere, ultimo
sopravvissuto alla corsa,
la linea del traguardo.

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